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Il ruolo del sindacato, tra riformismo e massimalismo

Il ruolo del sindacato è decisivo nelle economie occidentali in questo momento, perché è l’unico che deve interessarsi di distribuire la ricchezza in modo più equo, evitando che si allarghi sempre di più la forbice tra i molti che diventano sempre più poveri e i pochi che si arricchiscono.

Di Roberto Di Maulo, segretario generale Fismic Confsal

Durante i lavori del XVIII Congresso Nazionale Fismic Confsal, che ha riconfermato il sottoscritto alla guida dell’organizzazione ed eletto, tra gli altri, la collega Sara Rinaudo nel ruolo di Vicesegretario generale, si è a lungo discusso con i numerosi ospiti istituzionali (il vice ministro Pichetto, il ministro Orlando) e politico sindacali (Benvenuto, Bonanni, Sacconi, Gaia Tortora e tanti altri) della tempesta perfetta che sta scuotendo alle fondamenta il mondo per come l’abbiamo conosciuto. Qualcuno ha anche detto, per celia, che mancava solo la siccità e l’invasione delle cavallette: ora che sono arrivate entrambe possiamo ben dire che siamo nel pieno di una tempesta mai conosciuta prima, che assomma agli effetti nefasti sull’economia della crisi dei sub prime del 2008, quella dei debiti sovrano del 2011, il cambiamento climatico, la pandemia e l’invasione russa della Ucraina.

Molti sostengono che il mondo non sarà più come quello che abbiamo conosciuto dal secondo dopoguerra a oggi, che la globalizzazione sta subendo dei mutamenti nei rapporti commerciali tra Stati, che le aziende stanno accorciando la catena della produzione facendo ricorso a massicce dosi di re-shoring e importanti centri decisionali del mondo parlano apertamente di friend-shoring, decisioni che avranno impatti negativi sui costi dei prodotti e quindi sull’inflazione e sul potere d’acquisto delle retribuzioni.

Di sicuro il rischio che si corre è che sarà sempre più vasta la platea di coloro che non possono permettersi il lusso di acquistare beni che precedentemente potevano essere alla loro portata. Si pensi a quando nel 2035 il consumatore europeo si vedrà costretto all’acquisto di macchine elettriche che costano mediamente il 15% in più di macchina a trazione termica, solo per fare un esempio.

Il ruolo del sindacato è decisivo nelle economie occidentali in questo momento, perché è l’unico che deve interessarsi di distribuire la ricchezza in modo più equo, evitando che si allarghi sempre di più la forbice tra i molti che diventano sempre più poveri e i pochi che si arricchiscono.

Anche sulla lotta per il contrasto al cambiamento climatico noi crediamo che proprio in questa fase di crisi e transizione sarebbe sbagliato abbassare la guardia. I fondi del PNRR devono essere utilizzati per modernizzare il paese, per sburocratizzare un apparato statale che il cittadino sente sempre più nemico, per permettere quelle azioni di riforma prima e di sviluppo e occupazione a partire dal Sud, dalle donne e dai giovani. Nonostante la diversificazione nell’approvvigionamento delle fonti energetiche sia diventata un’emergenza dobbiamo impedire che gran parte delle risorse del PNRR vengano distolte per affrontare l’emergenza, altrimenti dopo il 2026 avremo il gas, ma mancheranno le famiglie che possono accendere i fornelli per cucinare perché prive di reddito.

Analogamente siamo contrari al reddito di cittadinanza così come è oggi, che non garantisce la sussistenza ai veri poveri e consente a troppi giovani di essere distolti dal cercare occupazione. Si abolisca il reddito di cittadinanza, che ha lasciato troppi truffatori a goderne i benefici, e si torni al REI che dava ai Comuni la individuazione delle situazioni di reale disagio e povertà e si utilizzino i fondi residuati per garantire ai giovani precari una continuità di copertura previdenziale che oggi non hanno.

Siamo un paese per vecchi e troppe forze politiche populiste continuano a richiedere pensioni anticipate per i pochi che lavorano. Invece la vera questione oggi è il calo demografico che non viene affrontato adeguatamente e l’assenza di welfare che consenta alle famiglie di procreare senza che le donne subiscano il ricatto terribile tra la gravidanza e il lavoro.

Anche rispetto alla fiammata inflattiva la Fismic Confsal ritiene che si debba tutelare il potere d’acquisto dei lavoratori e delle famiglie superando sia la logica dei sussidi uguali per tutti (misura che vista l’asimmetria con cui colpisce la crisi è una misura socialmente iniqua) che quella delle richieste salariali che provocano soltanto delle rincorse infinite tra salari e inflazione, che vedono come solo vincitore l’inflazione, come accadde nella seconda metà degli anni ’70 del secolo scorso quando l’unificazione del punto di scala mobile al massimo livello e la sua cadenza trimestrale provocarono uno choc inflattivo al paese portando l’inflazione sopra il 20%. È sbagliata quindi la ricetta di Landini.

Noi proponiamo invece che la tutela della retribuzione dei lavoratori avvenga distribuendo ricchezza che è stata prodotta e, in quanto tale, non capace di generare nuova inflazione. Questo può avvenire solo nella contrattazione aziendale e di prossimità che distribuisce aumenti generati da incremento di produttività, redditività, qualità, minore incidenza degli infortuni sul lavoro, ecc. Oggi questa è frenata da due fattori: dalla preponderanza del contratto nazionale come dominus assoluto negli aumenti salariali (oltre il 93% della retribuzione oggi è governata nella sede centrale) e dal fatto che gli aumenti generati in sede aziendale sono solo parzialmente detassati al 10%, con limiti reddituali troppo bassi e con limiti quantitativi. Se la contrattazione aziendale fosse totalmente detassata ci sarebbe un fortissimo incentivo in tutte le aziende, soprattutto nelle PMI, a svilupparla, facendo perdere per questa via il ruolo di dominus al contratto nazionale e avendo come effetto benefico una maggiore diffusione del sindacato. Per questa via, quella di “più sindacato”, si avrebbe come effetto indotto un maggiore controllo sull’organizzazione del lavoro e quindi minori infortuni sul lavoro che, nella forma più odiosa degli infortuni gravi, avviene particolarmente nella piccola fabbrica, nell’artigianato, nelle cooperative.

Un’ultima considerazione sul momento sindacale in generale. Noi pensiamo che lo sciopero generale indetto dalla sola Cgil, con il codazzo della Uil, abbia evidenziato una frattura che si va allargando tra le forze massimaliste e populiste e quelle del sindacato partecipativo. La Fismic Confsal sa bene da che parte stare e chiede soprattutto alla Cisl di non abbandonare quella visione pragmatica e riformista che la sta caratterizzando come forza capace di essere interlocutore forte, ma responsabile, del Governo Draghi che sta cercando di governare una continua situazione di crisi. Noi pensiamo che quella frattura manifestata con lo sciopero generale, sbagliato, del 18 dicembre sia destinata ad approfondirsi evidenziando due visioni dell’azione sindacale molto ben distinte. Quando la stessa cosa si manifestò a Pomigliano e Mirafiori nel 2010 la Fismic Confsal per prima fu capace di mettersi alla testa di una coalizione di sindacati maggioritaria che fu decisiva per salvare il settore Automotive nel nostro paese e con esso decine di migliaia di posti di lavoro.

Oggi ci troviamo di fronte allo stesso bivio, da un lato il populismo e il massimalismo che vuole l’intervento della legge sulla libertà di contrattazione, dall’altro la capacità di lettura della fase e l’azione riformatrice e innovativa. Noi, ora come allora, ci saremo e reciteremo la nostra parte.

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