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Congedo obbligatorio di maternità per lavoratrici dipendenti

Riguarda quel periodo di astensione retribuita dall’attività lavorativa che spetta alle lavoratrici dipendenti durante la gravidanza e il periodo successivo al parto

Il congedo obbligatorio di maternità per lavoratrici dipendenti è quel periodo di astensione retribuita dall’attività lavorativa che spetta alle lavoratrici dipendenti durante la gravidanza e il periodo successivo al parto (puerperio). Tale congedo, in particolari condizioni che vedremo tra poco, spetta al padre (congedo di paternità).

Il diritto al congedo obbligatorio e alla relativa indennità è riconosciuto anche in caso di adozione o affidamento di minori.

Si ricorda che il congedo obbligatorio di maternità per le lavoratrici dipendenti è riconosciuto dal Testo Unico sulla maternità e paternità (decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151) il quale vieta ai datori di lavoro di far lavorare le donne durante tale periodo di congedo.
Il congedo obbligatorio di maternità per lavoratrici dipendenti spetta alle lavoratrici con particolari requisiti e che rientrino nelle seguenti categorie di lavoro:

lavoratrici dipendenti assicurate all’INPS anche per la maternità, comprese le lavoratrici assicurate ex IPSEMA;

apprendiste, operaie, impiegate, dirigenti con un rapporto di lavoro in corso all’inizio del congedo;

disoccupate o sospese, secondo quanto previsto dall’articolo 24 del citato Testo Unico maternità/paternità (TU);

lavoratrici agricole a tempo indeterminato o determinato che, nell’anno di inizio del congedo, siano in possesso della qualità di bracciante con iscrizione negli elenchi nominativi annuali per almeno 51 giornate di lavoro agricolo (articolo 63 del TU);

lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari (colf e badanti), secondo quanto previsto dall’articolo 62 del TU;

lavoratrici a domicilio (articolo 61 del TU);

lavoratrici LSU o APU (attività socialmente utili o di pubblica utilità dell’articolo 65 del TU);

lavoratrici iscritte alla Gestione Separata INPS e non pensionate in possesso del requisito contributivo previsto dalla legge per finanziare le prestazioni economiche di maternità. La relativa indennità è riconosciuta a prescindere dall’effettiva astensione dall’attività lavorativa, come stabilito dalla legge 22 maggio 2017, n. 81;

lavoratrici dipendenti da amministrazioni pubbliche (incluse le lavoratrici dipendenti ex INPDAP ed ENPALS) le quali sono tenute agli adempimenti previsti dalla legge in caso di maternità verso l’amministrazione pubblica dalla quale dipendono e da cui percepiscono la relativa indennità, corrispondente al trattamento economico, secondo quanto disposto dagli articoli 2 e 57 del TU.

Inoltre, per le lavoratrici (e i lavoratori dipendenti in caso di congedo di paternità) è richiesto un rapporto di lavoro in essere e in corso di validità.

Per le lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari(colf e badanti) sono richiesti 26 contributi settimanali nell’anno precedente l’inizio del congedo di maternità oppure 52 contributi settimanali nei due anni precedenti l’inizio del congedo (articolo 62 del TU), e in presenza di tali requisiti contributivi, l’indennità di maternità spetta indipendentemente dall’esistenza di un rapporto di lavoro in atto.
Per le lavoratrici agricole a tempo determinato è richiesto, nell’anno di inizio del congedo di maternità, il possesso della qualità di bracciante comprovata dall’iscrizione negli elenchi nominativi annuali per almeno 51 giornate di lavoro agricolo.
Per le lavoratrici disoccupate o sospese, il congedo di maternità deve iniziare entro 60 giorni dall’ultimo giorno di lavoro. Se sussiste il diritto all’indennità di disoccupazione, alla mobilità o alla cassa integrazione, il congedo può iniziare oltre i 60 giorni. Per le disoccupate che negli ultimi due anni hanno svolto lavori esclusi dal contributo per la disoccupazione, il diritto all’indennità di maternità spetta solo se il congedo di maternità è iniziato entro 180 giorni dall’ultimo giorno di lavoro e sono stati versati all’INPS 26 contributi settimanali nei due anni precedenti l’inizio del congedo.
Per le lavoratrici e i lavoratori iscritti esclusivamente alla Gestione Separata INPS e non pensionati, il diritto all’indennità di maternità/paternità spetta se nei 12 mesi precedenti il mese di inizio del congedo di maternità (o paternità) risultano effettivamente accreditati o dovuti alla Gestione Separata almeno un contributo mensile comprensivo della predetta aliquota maggiorata.
Quanto dura il congedo obbligatorio di maternità per lavoratrici dipendenti?
Il congedo obbligatorio di maternità per lavoratrici dipendenti inizia due mesi prima la data presunta del parto (salvo flessibilità), ma può riguardare periodi di gravidanza anche antecedente i due mesi, nel caso in cui sia disposta l’interdizione anticipata su disposizione della ASL, se la gravidanza è a rischio, o della Direzione territoriale del lavoro se le mansioni sono incompatibili con la gravidanza.

Dopo il parto il congedo di maternità dura:

tre mesi (salvo flessibilità ) e, in caso di parto avvenuto dopo la data presunta, i giorni compresi tra la data presunta e quella effettiva;
tre mesi più i giorni non goduti, se il parto è anticipato rispetto alla data presunta (parto prematuro o precoce). Questo anche nel caso in cui la somma dei tre mesi successivi al parto e dei giorni compresi tra la data effettiva e quella presunta del parto supera il limite di cinque mesi;
l’intero periodo di interdizione prorogata disposto dalla Direzione territoriale del lavoro (per mansioni incompatibili con il puerperio).
La legge di bilancio per il 2019 ha introdotto, in alternativa alle consuete modalità di fruizione di cui all’articolo 16, comma 1, decreto legislativo 151/2001, la facoltà per le madri di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto, entro i cinque mesi successivi allo stesso, a condizione che il medico specialista del Servizio Sanitario Nazionale, o con esso convenzionato, e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro (circolare INPS 12 dicembre 2019, n. 148).

In caso di parto gemellare la durata del congedo di maternità non varia.

La data del parto è giorno a sé rispetto ai due mesi di ante partum e ai tre mesi post partum e, pertanto, tale giorno deve essere sempre aggiunto ai consueti cinque mesi di congedo di maternità.

Se il neonato è ricoverato in una struttura, pubblica o privata, la madre può sospendere anche parzialmente il congedo successivo al parto e riprendere l’attività lavorativa. La madre usufruirà del periodo di congedo residuo a partire dalle dimissioni del bambino. Questo diritto può essere esercitato una sola volta per ogni figlio, solo se le condizioni di salute della madre sono compatibili con la ripresa dell’attività lavorativa e accertate da attestazione medica.

In caso di adozione o affidamento, la sospensione del periodo di congedo di maternità per il ricovero del minore è prevista solo per le lavoratrici e i lavoratori dipendenti, sempre che sia stata ripresa l’attività lavorativa (articolo 26, comma 6 bis).

In caso di interruzione di gravidanza dopo 180 giorni dall’inizio della stessa o di decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternità, la lavoratrice – dipendente o iscritta alla Gestione Separata – può astenersi dal lavoro per l’intero periodo di congedo di maternità, tranne se rinuncia alla facoltà di fruire del congedo obbligatorio di maternità.

Secondo quanto previsto dalla legge 4 maggio 1983, n. 184, per l’adozione o l’affidamento nazionale di minore il congedo di maternità spetta per cinque mesi a partire dall’ingresso in famiglia del minore adottato o affidato prima dell’adozione.

Per le adozioni o gli affidamenti preadottivi internazionali, il congedo spetta per cinque mesi a partire dall’ingresso in Italia del minore adottato o affidato, con il periodo di congedo che può essere fruito anche parzialmente prima dell’ingresso in Italia del minore. Se l’affidamento non è preadottivo, il congedo spetta alle lavoratrici e ai lavoratori dipendenti per tre mesi, anche frazionato su cinque mesi, a partire dall’affidamento del minore. Tale congedo non spetta invece alle lavoratrici e ai lavoratori iscritti alla Gestione Separata.
L’importo del congedo obbligatorio di maternità è pari all’80% della retribuzione media globale giornaliera calcolata sulla base dell’ultimo periodo di paga precedente l’inizio del congedo di maternità, quindi, solitamente, l’ultimo mese di lavoro precedente il mese di inizio del congedo.

L’indennità è anticipata in busta paga dal datore di lavoro, anche per le lavoratrici assicurate ex IPSEMA dipendenti da datori di lavoro che hanno scelto il pagamento con il metodo del conguaglio CA2G.

È, invece, pagata direttamente dall’INPS con bonifico postale o accredito su conto corrente bancario o postale a:

lavoratrici stagionali;
operaie agricole (salva la facoltà di anticipazione dell’indennità, da parte del datore di lavoro, in favore delle operaie agricole a tempo indeterminato);
lavoratrici dello spettacolo saltuarie o a termine;
lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari (colf e badanti);
lavoratrici disoccupate o sospese;
lavoratrici assicurate ex IPSEMA dipendenti da datori di lavoro che non hanno scelto il pagamento delle indennità con il metodo del conguaglio CA2G.
Per le lavoratrici e i lavoratori iscritti alla Gestione Separata il pagamento è sempre effettuato direttamente dall’INPS.

I periodi di permanenza all’estero sono indennizzati a titolo di congedo di maternità solo se seguiti da un provvedimento di adozione o affidamento validi in Italia.

Il diritto all’indennità si prescrive entro un anno e decorre dal giorno successivo alla fine del congedo di maternità (o paternità). Per evitare la perdita del diritto è necessario che la lavoratrice o il lavoratore presentino all’INPS (prima dello scadere dell’anno) istanze scritte di data certa, dirette a ottenere il pagamento della indennità.
Inoltre il congedo obbligatorio di maternità spetta al padre quando si verificano eventi che riguardano la madre del bambino, ossia in caso di:

morte o grave infermità della madre

abbandono del figlio da parte della madre

affidamento esclusivo del figlio al padre

In caso di adozione o affidamento di minori, oltre agli eventi sopra riportati, il congedo di paternità è fruibile dal padre a seguito della rinuncia totale o parziale della madre lavoratrice al congedo di maternità al quale ha diritto. La rinuncia si attesta con la compilazione online della dichiarazione di responsabilità.

Il congedo di paternità, che decorre dalla data in cui si verifica uno degli eventi sopra elencati, dura quanto il periodo di congedo di maternità non fruito dalla madre lavoratrice, anche se lavoratrice autonoma con diritto all’indennità prevista dall’articolo 66 del TU. Se la madre è non lavoratrice, il congedo di paternità termina dopo tre mesi dal parto.

In caso di ricovero del bambino in una struttura ospedaliera, il congedo di paternità può essere sospeso, anche parzialmente, fino alle dimissioni del bambino.
La domanda per il congedo di maternità può essere inviata all’INPS anche attraverso i servizi telematici del nostro Patronato di Terni in via Annio Floriano, 5.

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