FREE

STEEL

L’Ue, le transizioni ecologiche all’ombra delle lobby

L’Europa, con la recente votazione, 340 voti a favore, 279 contrari e 21 gli astenuti, a avviato il percorso verso la riduzione delle emissioni del 55% per le auto...

Si dovrà attendere l’approvazione dal Consiglio Ue per vedere varato il testo approvato dall’Europarlamento, che bandisce le auto diesel e benzina dal 2035. Dopo di che, nel caso di approvazione, potrà essere pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

L’Europa, con la recente votazione, 340 voti a favore, 279 contrari e 21 gli astenuti, a avviato il percorso verso la riduzione delle emissioni del 55% per le auto e del 50% per i furgoni entro il 2030 e il loro azzeramento totale nel 2035.

Il primo formale passo verso il bando dei propulsori ritenuti maggiormente inquinanti è il testo provvisorio sottoscritto lo scorso ottobre dal Consiglio Ue incluso nel pacchetto “Fit for 55“ che prevede una serie di normative con lo scopo di arrivare alla riduzione delle emissioni inquinanti, facendo segnare un -55% rispetto all’attuale livello di emissioni.

Rispetto alle proposte iniziali della Commissione europea, il testo prevede che a partire dalla fine del 2025, la commissione dovrà pubblicare, ogni due anni, i progressi raggiunti verso la mobilità su strada a emissioni zero. Inoltre, sempre dal 2025, definire una “metodologia per valutare e comunicare i dati sulle emissioni di CO2 durante l’intero ciclo di vita delle autovetture e dei furgoni venduti sul mercato dell’UE, corredata, nel caso, di proposte legislative.

Mentre entro il 2026 il governo comunitario dovrà “monitorare il divario tra i valori limite di emissione e i dati reali sul consumo di carburante ed energia, presentare una “una metodologia per adeguare le emissioni specifiche” dei costruttori e proporre adeguate misure di controllo.

Ma la parte più interessante per i costruttori, riguarda le deroghe per le produzioni di “piccoli” volumi annuali (da 1.000 a 10.000 auto e da 1.000 a 22.000 furgoni), che vengono confermate. Pertanto, potranno non rispettare i limiti fino alla fine del 2035 mentre coloro che immatricolano meno di mille veicoli all’anno continueranno a essere esenti.

Infine, il meccanismo di incentivazione dei veicoli a zero e basse emissioni (fino a 50 g/km di Co2) sarà rivisto con nuovi obiettivi per adattarlo alle tendenze commerciali previste: per il periodo 2025-2029, il benchmark ZLEV è fissato al 25% per le vendite di nuove auto e al 17% per i furgoni, ma dal 2030 sarà rimosso completamente.

Diversi sono gli emendamenti voluti dai Paesi storicamente legati alla produzione di automobili come l’Italia e la Germania, che hanno spinto per includere la possibilità di valutare anche tecnologie alternative all’elettrico come l’idrogeno o i biocarburanti.

Tecnologie, che secondo i promotori degli emendamenti, servono a frenare il veloce sviluppo dell’elettrico dei cinesi e quindi evitarne la supremazia assoluta sul mercato dell’auto. Certamente, l’aspetto ambientale ha un peso, ma un cambiamento così veloce e radicale rischia di avere l’effetto opposto sul fronte occupazionale, soprattutto l’industria europea. Infatti, l’energica spinta dell’industria cinese, supportata da importanti finanziamenti, allo sviluppo dell’elettrico, sta ottenendo grandi risultati e vantaggio tecnologico rispetto alle industrie europee. Il cammino verso una sostenibilità ambientale dev’essere graduale e non deve mettere in difficoltà le imprese italiane ed europee e lo stop dal 2035 ai motori termici mette in grave difficoltà l’industria europea dell’automotive. Inoltre, se si confronta tale questione nel contesto del mercato globale, dove non ci sono regole così stringenti nel breve-medio termine, si rischia di aumentare la dubbia efficacia che già le auto elettriche evidenziano riguardo all’impatto ambientale rispetto al motore a combustione.

L’immagine che questa Europa sta offrendo è più da campagne elettorali ambientalistiche che di concreto impegno sulle problematiche dei popoli che compongono l’unione.

È necessario un rapido cambio della politica europea nei confronti della transizione energetica, delle politiche industriali, dell’ambiente e delle politiche sociali ma che questo parlamento non può offrire più. L’ombra delle lobby, derivanti dagli scandali, recentemente il “Quatargate”, copre sempre più l’operato dei politici che oggi presiedono il parlamento.

Le istituzioni europee, già messe alla prova più volte per affrontare crisi esterne, dovranno dimostrare la loro capacità di recuperare la loro credibilità.

Il Qatargate è un nuovo caso, che mette alla prova non soltanto il Parlamento ma l’intero spettro delle istituzioni europee. Il nuovo Parlamento, che si rinnoverà nel 2024, dovrà essere capace di trovare, una determinazione analoga a quella che ha mostrato ai cittadini europei e al mondo che l’Europa non è solo un nobile ideale ma una forza concreta che sa gestire i momenti di crisi. La transizione dell’automotive dal motore a combustione all’elettrico è una nuova crisi all’orizzonte…

Convidi Questo Articolo