FREE

STEEL

GLI EFFETTI ECONOMICI DELLA GUERRA IN UCRAINA

Un megawatt ora (MWh) di gas è passato da 9 € del gennaio 2020 ai 20 € di gennaio 2021, ai 72 € di gennaio 2022 e, ha toccato i 127 € a marzo 2022.

Elaborazione su dati del Centro Studi Confindustria

In questo Focus non tratteremo gli effetti drammatici sulla popolazione ucraina dell’invasione delle forze armate russe. Facciamo nostro anche il principio che dovrebbe essere universale della PACE e quindi citiamo come fondante del nostro pensiero la nostra Costituzione: «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali» Aggiungendo a questo principio fondamentale un altro che deve sempre ispirare l’azione del Sindacato: «Quando è chiaro che uno è aggressore e l’altro aggredito non ci si volta dall’altra parte, ma si interviene a favore del più debole»

Lo scenario economico

Grande incertezza dovuta all’invasione dell’Ucraina da parte delle forze armate russe. Questa profonda crisi si innesta in un quadro già in peggioramento a causa delle continue ondate pandemiche, delle pressioni al rialzo sui prezzi e sulle materie prime (a partire da quelle energetiche), della scarsità di materiali e dei numerosi colli di bottiglia del sistema produttivo mondiale (come, ad esempio, i microchip).

Lo shock Economico

L’impatto della guerra sull’attività economica determina uno shock. Uno shock asimmetrico in quanto agisce in maniera profondamente diversa per aree geografiche, settori e paesi. Più si è vicini geograficamente all’area del conflitto e più si è dipendenti dalle risorse prodotte nei paesi coinvolti, maggiore è la dipendenza energetica e l’interscambio commerciale con Russia, Bielorussia e Ucraina, più forti sono gli effetti economici. L’Europa è più colpita rispetto alle altre aree geopolitiche. Prendendo ad esempio il solo prezzo del gas, si vede che in Europa è maggiore di 10 volte rispetto agli Stati Uniti d’America.

I primi effetti sull’economia

Minori consumi delle famiglie Minore produzione per le imprese Più difficoltà per i servizi Minore commercio Minore fiducia, investimenti e sviluppo e quindi minore occupazione e maggiore inflazione. Il conflitto è un amplificatore di questi elementi Secondo Confindustria il 57% delle imprese italiane registra difficoltà logistiche (anche su rotte esterne al conflitto), il 16% ha già ridotto la produzione, a partire dall’industrie energy intensive (come siderurgia, alluminio, ceramica, vetro, ecc.)

Aumento prezzi materie prime

Metalli, terre rare, gas, petrolio, materie prime agricole (fertilizzanti e sementi) sono tra le commodity che hanno subito i maggiori aumenti di prezzo sul mercato. Un megawatt ora (MWh) di gas è passato da 9 € del gennaio 2020 ai 20 € di gennaio 2021, ai 72 € di gennaio 2022 e, ha toccato i 127 € a marzo 2022. Le cause principali sono la dipendenza dei paesi europei (in particolare il nostro e la Germania) dal gas russo e i timori per gli effetti delle sanzioni e contro sanzioni. L’Ucraina è produttore e grande esportatore di frumento, grano, argilla, fertilizzanti, semi di girasole, mais e metalli preziosi (ad esempio è in larga parte prodotto in Ucraina il gas neon che è indispensabile all’industria dei microchip).

Effetti delle Sanzioni

Per l’Italia le sanzioni non hanno complessivamente una ricaduta negativa sul PIL (Confindustria stima un effetto inferiore allo 0,1%), ma alcuni settori sono colpiti in modo ben più pesante, confermando l’asimmetria della crisi. Prodotti e servizi come gli elettromedicali, il vino, l’intera filiera del lusso, l’acciaio di qualità, le tecnologie con particolare riguardo all’aerospazio, molti brand dell’alta moda e della gioielleria, il turismo, ecc. hanno ricadute negative molto più pesanti dello 0,1% sopracitato e devono rapidamente riconvertire i loro mercati di riferimento.

Considerazioni

Gli aumenti comprimono i guadagni delle imprese e i rincari dei prezzi al consumo frenano i consumi delle famiglie. La situazione di grande incertezza sta cambiando la propensione agli investimenti del sistema delle imprese e gli stessi comportamenti delle famiglie (aumenterà molto la propensione al risparmio e agli investimenti sui cosiddetti beni rifugio). La durata del conflitto è difficile da prevedere, ma di sicuro non è prevista (purtroppo) una sua conclusione a breve e anche le sanzioni dureranno a lungo (ben oltre il termine del conflitto stesso).

Il prossimo futuro

Non è semplice prevedere come saranno disegnati i nuovi equilibri geopolitici e quali rapporti ci saranno tra Occidente Atlantico, Russia e Cina. Non è possibile prevedere quali terremoti provocherà il rischio di default russo (solo UNICREDIT si stima che abbia nella sua pancia almeno 25 MLD€ di titoli russi). La pandemia ha ancora un decorso indefinito, anche se sembra maggiormente controllato. Non è possibile prevedere quanto tutti questi fattori di crisi possano incidere su Next Generation EU e sul nostro PNRR. Quanto sarà lungo il percorso indispensabile per affrancare la nostra economia dalla dipendenza del gas russo.

Effetti sul PIL italiano

Considerando lo scenario meno peggiore (ad esempio il termine del conflitto entro giugno), il PIL italiano crescerà, secondo Confindustria, di 1,9% e non del 4,2% come previsto precedentemente. Con il rischio di un ulteriore peggioramento in caso di allungamento dei tempi del conflitto. Questo peggioramento avrà effetti di trascinamento negativo che si prolungheranno anche oltre il 2022, riportando la nostra crescita economica al di sotto del 2% per un tempo non breve, nonostante l’afflusso delle ingenti risorse provenienti dal PNRR. Perchè è una recessione tecnica Confindustria parla di recessione tecnica. La forte crescita del PIL nel 2021 (6,4%), ha lasciato un trascinamento positivo sull’anno in corso di 2,2 punti percentuali. Per cui se a dicembre si consuntiverà una crescita dell’1,9% non ci sarà nessuna creazione di nuova ricchezza nell’anno in corso, ma addirittura verranno erosi 0,3 punti della ricchezza creata nel 2021 e sviluppata nel 2022 come effetto di trascinamento. Slitterà inoltre di almeno un anno il ritorno ai livelli pre-pandemia della nostra economia (2023 e non nel 2022).

Che cosa fare?

Bisogna puntare ad affrancarci dalla dipendenza energetica dal gas russo, diversificando le fonti e rilanciando con forza idroelettrico, rinnovabili, estrazione gas autoctono, rigassificatori e riprendere ricerca & sviluppo per il nucleare. Puntare anche a stabilire politiche comuni europei per fissare tetti massimi ai prezzi d’acquisto, stoccaggi comuni e politiche comuni per l’approvvigionamento di materie prime e commodities per attenuare gli impatti. Non si deve deflettere l’impegno europeo sugli investimenti per il contrasto al cambiamento climatico. Decisivo, infine, per il nostro paese, è che l’impianto complessivo del PNRR rimanga quello concordato, rendendoci però disponibili a negoziare con la Commissione Europea i necessari aggiornamenti.

Convidi Questo Articolo